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Lo Scudo Blu per il Parco delle Incisioni Rupestri di Naquane

Domenica 9 luglio, al Parco delle Incisioni Rupestri di Naquane (primo sito Unesco italiano dal 1979), si terrà la cerimonia di inaugurazione dell’emblema internazionale Scudo Blu, riconosciuto dalla Convenzione dell’Aja del 1954 come il simbolo di protezione dei beni culturali nei conflitti armati. L’iniziativa rientra nel progetto “Uno Scudo per la cultura”, promosso da Croce Rossa Italiana Comitato di Brescia nell’anno di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura, che ha ricevuto il contributo del Bando Capitale della Cultura 2023, emanato congiuntamente da Fondazione Cariplo, Fondazione della Comunità Bresciana e Fondazione della Comunità Bergamasca. L’iniziativa ha inoltre il supporto di CNA Brescia, di BCC dell’Agrobresciano e Canon.

Obiettivo del progetto è quello di valorizzare il ruolo dei beni culturali in quanto custodi dell’identità della collettività e testimoni della storia dell’umanità attraverso l’apposizione dello Scudo Blu, emblema riconosciuto a livello internazionale per segnalare beni il cui depauperamento o la cui distruzione nei conflitti armati rappresenterebbe una perdita per tutta l’umanità.

La Convenzione dell’Aja del 1954 aveva previsto che, in tempo di pace, gli Stati si occupassero dell’individuazione e dell’apposizione del contrassegno. Per riprendere questo percorso, Croce Rossa Italiana, in qualità di ente promotore del Diritto Internazionale Umanitario, nel 2022 ha lanciato la campagna nazionale “Il futuro ha una lunga storia. Proteggiamola”, nel cui solco rientra “Uno Scudo per la cultura”. Dopo i primi due Scudi Blu a Brescia, presso il Sito UNESCO “Brixia. Parco Archeologico e complesso monumentale di Santa Giulia e San Salvatore” e a Bergamo al Teatro Donizetti, il 9 luglio lo scudo verrà collocato nel primo Sito UNESCO d’Italia, il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane.

«Il Parco di Naquane - spiega Carolina David, presidente Croce Rossa Italiana Comitato di Brescia - è fortemente rappresentativo per la comunità locale, che lo percepisce come identitario per il proprio territorio, ma anche per l’intera umanità, in quanto custode della storia dell’uomo. Il suo valore è stato riconosciuto anche dall’UNESCO, che nel 1979 ha inserito l’arte rupestre della Valle Camonica, quale primo sito italiano, nella Lista del Patrimonio Mondiale per l’importanza del contributo scientifico che lo studio delle incisioni ha apportato alla conoscenza della preistoria. Lo Scudo Blu, di fatto, riconosce che il suo danneggiamento sarebbe una perdita per l’intera umanità». Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023 vede il coinvolgimento attivo di Fondazione Cariplo insieme a Fondazione della Comunità Bergamasca e Fondazione della Comunità Bresciana. Le tre Fondazioni, partner istituzionali dell’iniziativa, hanno individuato, attraverso un bando dedicato e un Comitato di valutazione congiunto, 92 progetti provenienti dalle comunità di Bergamo e Brescia, sostenuti con un contributo complessivo di 3,5 milioni di euro. Si tratta di un ricco palinsesto di iniziative in grado di favorire la partecipazione dei cittadini, con una particolare attenzione alle fasce di popolazione con minori opportunità di fruizione culturale e agli abitanti delle aree del territorio più marginali e geograficamente più distanti dai due comuni capoluogo. Di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023 interessa, più di quello che accade, ciò che resta.

Per questo le Fondazioni di comunità non sono “sponsor” di eventi o progetti, ma agiscono in alleanza con le istituzioni locali e del Terzo settore per promuovere – attraverso il metodo della coprogettazione – crescita culturale e sociale, benessere, sviluppo sostenibile e duraturo per le comunità. Ed è proprio con questo intento che Brescia e Bergamo sono ora, come dice Carolina David: «Il laboratorio di un progetto che non è destinato a finire qui. Lo Scudo Blu ha una valenza molto rilevante: un eventuale attacco ad un bene scudato è, infatti, codificato come crimine di guerra. In Italia però non è mai stata data piena attuazione, tanto che non esiste ancora un elenco nazionale dei beni scudati. Sono per ora pochi anche gli scudi apposti in tutto il Paese e il contenuto stesso della convenzione non è stato adeguatamente diffuso nemmeno tra gli addetti ai lavori, nonostante i conflitti recenti anche in Europa abbiano dimostrato che i beni culturali sono un obiettivo strategico delle forze in campo.

Continua Carolina David: «All’estero, in ex Jugoslavia, in Polonia, in Austria, ma anche fuori Europa gli scudi blu sono molto più diffusi. Il problema in Italia è stato una difficoltà anche amministrativa nella gestione della convenzione: i beni che hanno un patrimonio storico e umano per la comunità sono moltissimi, in un certo senso andrebbe messo uno scudo blu su tutto il Paese. Operare una scelta tra i beni non era un’impresa facile, ma soprattutto creare una struttura operativa. Fino a questo momento i pochi scudi che esistevano erano nati da iniziative locali ma senza un progetto organico. Ci siamo resi conto che, anche tra chi si occupava di cultura, come i direttori dei musei, non c’era una conoscenza diffusa sulla protezione dei beni culturali nei conflitti armati. Per noi invece rappresentava un tema centrale perché Croce Rossa è parte attiva nella promozione del diritto internazionale umanitario».

Nell’aprile del 2022, Croce Rossa firma un accordo nazionale con Anci per favorire l’applicazione della convenzione e promuovere all'interno dei territori l'individuazione di beni destinatari dello Scudo Blu, attraverso un lavoro di collaborazione tra i comitati di Croce Rossa (enti proponenti), Comuni, gestori, Soprintendenza. Prosegue David: «Da questo accordo è nato il progetto bresciano. Nel corso del 2023 apporremo 20 scudi nel territorio tra Bergamo e Brescia, ma siamo già in contatto con molti comitati locali della Croce Rossa per portare avanti la campagna in tutta Italia, a partire da Pesaro che sarà la prossima capitale della cultura. In questo percorso, la formazione rappresenta un punto nodale: dobbiamo far conoscere e trasmettere il significato dello scudo blu, perché al momento è ancora poco noto. Il progetto “Uno scudo per la cultura” prevede infatti una parte di formazione, per gli addetti ai lavori, come le forze dell’ordine, ma anche nelle scuole, che verrà portato avanti a partire da ottobre dai nostri volontari specializzati in diritto internazionale. Vogliamo arrivare anche alle persone comuni che possono agire da megafoni. Le esperienze di Bergamo e Brescia, l’apposizione di 20 scudi nelle capitali della cultura, sono centrali perché fanno in modo che si parli sempre di più di questa tematica e che venga portata su tavoli importanti. I conflitti sono dietro alla nostra porta, non è così remota la possibilità di un danneggiamento di un bene culturale, c’erano molti beni italiani anche in Ucraina. Abbiamo visto quello che è accaduto in Siria a Palmira, ai Buddha di Bamiyan in Afghanistan. Quello che accade in tanti conflitti è che un bene viene distrutto perché ha un significato importante per la comunità, dal punto di vista simbolico, religioso, ma anche economico. Perché poi le opere vengono rivendute e servono per alimentare a loro volta il conflitto. Un bene culturale appartiene alla comunità e all’umanità e abbiamo il dovere di proteggerlo. I siti scudati devono essere rispettati da tutte le parti in conflitto. Significa che anche l’esercito italiano nel parco di Naquane non potrà mai mettere un deposito di armi, una caserma, un accampamento militare e ovviamente un eventuale nemico non lo può attaccare, danneggiarlo o trafugarne le opere» Conclude David: «In questa prima fase la scelta dei siti dove apporre lo scudo è stata fatta insieme ai Comuni e alla Direzione regionale Musei Lombardia, quindi alle istituzioni, perché avevamo tempi molto stretti. Più avanti abbiamo in progetto di chiamare anche la comunità a scegliere. Abbiamo voluto alternare siti molto noti, come il Capitolium a Brescia ad altri meno conosciuti come l’Archivio Diocesano che possiede un patrimonio inestimabile per la comunità ma non noto ai più. Però può accendere una luce nella comunità sul bene stesso: se vedi uno scudo davanti a quello che ti può sembrare un anonimo portone ti incuriosisci e cerchi di capire che cosa c’è dietro. Ci auguriamo che questi scudi non servano mai a proteggere i nostri beni in un conflitto armato, ma che anche in tempo di pace, possano ricordarci che un bene è importante per la comunità, perché racconta la nostra storia. Siamo molto felici perché la nostra azione a Bergamo e Brescia, grazie al contributo di Fondazione Cariplo-che ci ha permesso di creare un progetto così importante e di sperimentare, di creare competenze che possiamo trasmettere-non è fine a se stessa, ma destinata ad allargarsi nel resto d’Italia. In questo momento siamo il “laboratorio nazionale”: la Capitale della Cultura deve lanciare un seme e noi stiamo lanciando questo seme»

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