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Lavoro: la doppia discriminazione delle donne con background migratorio

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, Fondazione ISMU ETS con Fondazione Cariplo fa il punto sulla condizione lavorativa delle donne con cittadinanza non italiana e background migratorio in Italia in un documento curato da Emanuela Bonini, Anna Facchetti e Livia Ortensi. 

I dati dell’European Institute for Gender Equality EIGE collocano l’Italia al tredicesimo posto tra i paesi europei con 68,2 punti su 100 del Gender Equality Index nel periodo 2021-2022. Il punteggio italiano si trova al di sotto della media europea che corrisponde a 70,2 punti e il principale ambito in cui si rileva discriminazione di genere è proprio quello lavorativo, con 65 punti, collocando l’Italia al 27° e ultimo posto tra i paesi europei, anche se dal 2020 vi è stato un leggero miglioramento. Inoltre, l’Italia evidenzia anche un importante dato di disparità nell’ambito del potere politico, economico e sociale, con 62,7 punti.

Le elaborazioni di Fondazione ISMU sui dati Eurostat del 2022, riportati all’interno del Ventinovesimo Rapporto sulle migrazioni 2023, relativi alla partecipazione al mercato del lavoro italiano e alla disoccupazione per cittadinanza e genere, calcolati sulla sola componente attiva, segnalano una forte penalizzazione delle donne con cittadinanza non italiana (CNI) non comunitarie per i livelli di disoccupazione stimati al 15,2% rispetto al 9,6% degli uomini[1].

Analizzando invece i dati Istat del 2022 riguardo i tassi di attività e di disoccupazione per cittadinanza, genere e titolo di studio, la quota femminile con CNI attiva è molto bassa ma in possesso di titoli di studio tali da metterla nelle condizioni di possibilità nel ricoprire ruoli dirigenziali a differenza della quota attiva maschile che è invece molto più alta ma allo stesso tempo meno qualificata.

È evidente una disparità di genere rispetto alla presenza nel mercato del lavoro a cui si sommano gli ostacoli e le discriminazioni che le donne con CNI – e più in generale le donne con background migratorio – si trovano a dover affrontare. Tali ostacoli sono legati non solo ad una forte e ben nota segregazione del mondo del lavoro – che vede le donne con background migratorio presenti in maniera massiccia nel settore della cura personale – ma anche ad un insieme di pregiudizi che devono affrontare nella fase di recruitment. Come evidenziato dal progetto GRASE, anche gli operatori del sistema di orientamento al lavoro e selezione del personale – sia del settore pubblico che privato – non sono immuni agli stereotipi consci ed inconsci che culturalmente si sono stratificati nei confronti delle donne, come ad esempio ritenere che abbiano minori competenze linguistiche, che siano meno disponibili a svolgere determinati lavori in funzione della loro religione (in particolare nei confronti delle donne di religione musulmana), o ancora che non siano in grado di svolgere lavori più qualificati.

Il factsheet completo è disponibile sul sito di Fondazione ISMU, ente funzionale di Fondazione Cariplo.

 

[1] Ventinovesimo Rapporto sulle migrazioni 2023, (2024), FrancoAngeli, p.75.

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