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Il Rapporto “Coesione è competizione”

Il mondo sta cambiando e l’economia che ci ha guidato per decenni è inadeguata a gestire le crisi del XXI secolo. Con la sostenibilità avanzano nuovi modelli nell’uso delle risorse (green economy, sharing economy, circular economy, bioeconomy), nell’uso delle competenze diffuse (open innovation, crowdsourcing), nell’accesso all’informazione (platform economy), nell’accesso ai finanziamenti (crowdfunding, sustainable bond), abilitati dalle nuove tecnologie e dal digitale. Sfide che chiamano ad un’azione comune imprese, comunità, istituzioni, cittadini. È l’Italia di Coesione è Competizione. Nuove geografie della produzione del valore in Italia”, realizzato da Fondazione Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere in collaborazione con Fondazione Cariplo, Aiccon, Ipsos e Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, che è stato presentato oggi da Ermete Realacci presidente della Fondazione Symbola, Giovanni Fosti presidente Fondazione Cariplo, Alessandro Rinaldi direttore Ricerche statistiche ed economiche Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, Antonio Calabrò direttore Fondazione Pirelli, Regina De Albertis presidente giovani Ance, Paolo Venturi direttore Aiccon. Ha moderato i lavori Paola Pierotti architetto, giornalista PPAN.

La capacità tutta umana di cooperare e costruire comunità che condividono idee, informazioni, esperienze e valori può rappresentare una strategia potente per superare le crisi dei nostri tempi. Ce ne siamo resi conto in questi mesi di lotta al Covid-19. Grazie alla collaborazione di tante associazioni del terzo settore, all’impegno dei volontari e alla solidarietà di migliaia di cittadini e imprese siamo riusciti a ridurre in parte, ma non arginare, l’urto della crisi sulle vecchie e le nuove povertà.

La coesione, come ha detto il presidente Draghi, è un dovere morale. Ma è anche un formidabile fattore produttivo – afferma il Presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci - in particolare in Italia, come dimostra ‘Coesione è competizione’. Anche per questo l’Unione Europea ha indirizzato le risorse del Next Generation EU e larga parte del bilancio comunitario 2021-27 per rilanciare l’economia su coesione -inclusione, transizione verde e digitale. Con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette di co2 entro il 2050. Una sfida di enorme portata che chiede unità al Paese e vede protagoniste le imprese raccontate in questo rapporto”.

Giovanni Fosti, presidente Fondazione Cariplo: “Il Rapporto di Symbola mette in luce il legame tra la capacità di coesione delle imprese e la loro capacità di competere sul mercato: organizzazioni in grado di ingaggiare le proprie persone attorno a uno scopo condiviso, di costruire relazioni e alleanze stabili su obbiettivi comuni risultano essere anche più competitive e robuste. Saper coinvolgere e aggregare verso una stessa direzione è un elemento sempre più determinante perché rafforza la dimensione comunitaria e quindi rafforza tutti i soggetti coinvolti: persone, imprese, istituzioni, organizzazioni non profit. La Fondazione Cariplo da 30 anni lavora per la promozione delle comunità, sostenendo lo sviluppo di reti e alleanze sul territorio, perchè solamente in una dimensione comunitaria è possibile generare valore in modo sostenibile, guardando al futuro senza escludere nessuno ma valorizzando il potenziale di tutti.”

Le imprese coesive esportano di più (il 58% contro il 39% delle non coesive); fanno più eco-investimenti (il 39% contro il 19% delle non coesive); investono di più per migliorare prodotti e servizi (il 58% contro il 46% delle non coesive); adottano misure legate al Piano Transizione 4.0 (il 28% contro l’11% delle non coesive). Anche in previsione, le imprese che investiranno in processi e prodotti a maggior risparmio energetico, idrico e/o minor impatto ambientale nel triennio 2021-23 è sempre maggiore nel caso delle imprese coesive (26% a fronte di 12%).

Tra le imprese coesive è anche significativamente maggiore la capacità di rapportarsi con il mondo della cultura (attraverso operazioni quali donazioni, sponsorizzazioni, partnership con istituzioni culturali, ecc.): la quota delle imprese che dichiarano di intraprendere questo tipo di iniziative è infatti pari a 26% nel caso di quelle coesive, mentre per le aziende classificate come non coesive è dell’11%.

Altro dato molto significativo è quello della digitalizzazione: la quota delle imprese che hanno adottato o stanno pianificando di adottare misure legate a Transizione 4.0 è pari a 28% per le imprese coesive, laddove per le imprese non coesive è dell’11%.

Nel 2020, le imprese coesive valutate tra le imprese manifatturiere con addetti compresi tra 5 e 499 incidono per il 37%, quota che tradotta in valori assoluti è di quasi 49.000 imprese. Con un aumento rispetto al precedente rapporto, nel quale il valore si attestava al 32%.

Anche se c’è ancora molto da fare, coesione vuol dire anche miglioramento del bilanciamento di genere: nel report si evidenzia che si sono compiuti passi importanti con un incremento delle donne nei cda delle società quotate passato da 170 nel 2008, il 5,9%, alle 811 di oggi, il 36,3%, mentre nei collegi sindacali si è passati dal 13,4% del 2012 al 41,6% del 2019, con 475 sindaci donne.

La coesione rappresenta per le imprese un’occasione per accrescere il senso di appartenenza e soddisfazione di vita dei propri dipendenti (nel 2020 le erogazioni di welfare sulla base di contrattazione sindacale sono cresciute del 19,5%), per rafforzare le relazioni di filiera e distrettuali (le imprese ricadenti nei distretti secondo il monitor di Intesa Sanpaolo negli ultimi anni hanno visto crescere la produttività più delle imprese non distrettuali), ma anche per competere in un mercato che premia sempre di più gli atteggiamenti virtuosi. Sul versante degli investimenti, crescono quelli diretti verso aziende che dimostrano attenzione alla dimensione sociale e ambientale; crescono anche lato consumi, laddove appunto i consumatori, votando con il portafoglio o con i click, scelgono sempre più consapevolmente prodotti rispettosi dell’uomo e dell’ambiente e talvolta con il crowdfunding supportano le aziende più sostenibili.

La coesione, come dimostra l’indagine condotta da Ipsos, insieme alla sostenibilità, incrocia sempre di più nella percezione dei cittadini il tema della qualità. Già oggi due italiani su tre sono disposti a riconoscere, alle imprese che hanno atteggiamenti coesivi, un premium price sui prodotti e servizi offerti. Un differenziale di prezzo che in media è del 10% in più a favore delle imprese coesive. Analizzando le aspettative della cittadinanza, è interessante rilevare quanto sia importante il clima coesivo e in questo senso è importante il ruolo delle imprese nel cambiare il modello di sviluppo legato ai temi della sostenibilità associata anche alla qualità dei prodotti. Ipsos rileva come il 52% degli intervistati metta al primo posto tra i soggetti con cui le imprese dovrebbero entrare in relazione l’ambiente (divenuto uno stakeholder a tutti gli effetti), seguito dai clienti (51%) e i dipendenti (48%) e mettono al quarto posto le comunità e i territori in cui le imprese operano (41%). Secondo l’indagine Ipsos gli obiettivi perseguiti dalle imprese nella percezione della popolazione italiana per il 75% sono prettamente economici e solo per il 25% legati anche al benessere dei lavoratori, dei clienti e dei fornitori, della comunità. Al tempo stesso c’è la chiara percezione dell’importanza del ruolo delle imprese nel modello di sviluppo (89%).

Il rapporto completo è sul sito www.symbola.net.