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L’Atlante socio economico dell’Appennino 2022: focus su Oltrepò pavese

L’Atlante socio economico dell’Appennino 2022 e il focus dedicato all’Oltrepò pavese è stato presentato , presso la Fondazione Cariplo, da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola; Claudia Sorlini, vicepresidente Fondazione Cariplo; Giampiero Lupatelli, vicepresidente Caire; Tito Bianchi, esperto di valutazione e sviluppo locale e membro del comitato tecnico-scientifico del programma AttivAree; Valentina Bergero, responsabile del progetto ViNO 2.0 – Fondazione Lombardia per l’Ambiente; Tiziano Maffezzini, presidente Uncem Lombardia; Luca Santini Presidente Federparchi. Ha moderato la presentazione Elena Jachia, direttrice Area Ambiente Fondazione Cariplo.

L’evoluzione del profilo socio-economico dell’Appennino è il tratto generale che è stato portato in evidenza con questa nuova edizione «tematica» dell’Atlante. Una evoluzione che propone una forte caratterizzazione - in qualche misura inattesa - rappresentata innanzitutto da una fragilità demografica (e sociale) maggiore della fragilità economica. Questo tratto di maggiore fragilità demografica è presente in diversa misura in tutte le quattro grandi partizioni geografiche «longitudinali» (Appennino Settentrionale, Appennino Centrale, Appennino Meridionale, Appennino Calabro-Siculo) nelle quali la catena appenninica è stata considerata dall’Atlante, ma connota in misura particolarmente evidente e marcata la porzione settentrionale dell’Appenino.

Nel grande mosaico di un’economia a misura d’uomo, come recita il Manifesto di Assisi, necessaria per contrastare le sfide che abbiamo davanti come la pandemia, la crisi climatica e la drammatica crisi prodotta dall’invasione dell’Ucraina - dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola - le realtà dell’Appennino e in particolare dell’Oltrepò pavese presentate in questo rapporto confermano il contributo decisivo che può venire dai territori e dalle comunità. C’è un’Italia che sfida le crisi, compete e si afferma senza perdere la propria anima. I piccoli comuni sono parte importante della nostra identità. Mi sono battuto per avere una legge sui piccoli comuni e ora c’è ma è ancora largamente inapplicata. Un comune è il suo campanile, la sua comunità, i suoi servizi. Servono scuole, un nuovo modello di sanità, uffici postali, piccoli esercizi commerciali, banda larga anche per attrarre i giovani e creare nuove imprese: un’economia più forte proprio perché più a misura d’uomo. Un’Italia che fa l’Italia e si muove entro le chiavi proposte dal Next Generation EU per affrontare la crisi e rilanciare l’economia: coesione, transizione verde e digitale”.

Partire dalla conoscenza per poter affrontare i problemi è fondamentale. L’Atlante - dichiara Claudia Sorlini, Vice presidente Fondazione Cariplo - realizzato dalla Fondazione Symbola ha anche questo scopo. E per un’istituzione come Fondazione Cariplo, che guarda con forte attenzione al tema delle aree interne, all’importanza che queste hanno per il nostro Paese e alle loro potenzialità di sviluppo, l’Atlante rappresenta uno strumento molto utile. Così come interessante è il focus realizzato sull’Oltrepò, territorio su cui la nostra fondazione agisce; già in passato in tale area, infatti, con il programma Attivaree sono stati realizzati progetti che mettevano al centro la valorizzazione della biodiversità e del patrimonio naturale: l’obiettivo che ci si era posti era di riattivare il capitale naturale rendendolo accessibile e in grado di generare opportunità di reddito, disseminare conoscenza e promuovere attività imprenditoriali attorno alla valorizzazione della biodiversità ambientale e agricola, coinvolgendo gli enti del terzo settore nella proposta di nuovi servizi per gli abitanti”.

Nel corso degli ultimi 30 anni il numero degli stranieri presenti nell’Appennino è passato da 42.980 del 1991 a 685.498 del 2021: un incremento del 1.443% che ha portato il peso percentuale dei cittadini stranieri sul complesso della popolazione appenninica dallo 0,4% del 1991 al 7,0% del 2021.

L’Oltrepò lombardo è sicuramente parte integrante e significativa seppur non molto conosciuta del contesto appenninico «settentrionale» interessando il territorio di 11 Comuni: Bagnaria; Brallo di Pregola; Cecima; Fortunago; Menconico; Ponte Nizza; Romagnese; Santa Margherita di Staffora; Val di Nizza; Varzi; Zavattarello. Gli 11 comuni si estendono su una superficie di 325,8 kmq (1,47% della estensione dell’Appennino settentrionale) ed ospitano al 31.12.2022 8931 abitanti (0,23% della popolazione dell’Appennino settentrionale). Se tutto l’Appennino perde popolazione negli ultimi 20 anni, l’Oltrepò lombardo ne ha perduto più della media (-41,6%). Anche nelle dinamiche più recenti il declino dell’Oltrepò è più marcato: nel 2021 è il doppio della media dell’Appenino settentrionale. La causa principale del declino è la ormai netta prevalenza delle morti sulle nascite (le prime sono 8 volte le seconde nell’Oltrepò).

La fragilità demografica di tutto l’Appenino ha radici strutturali nella rarefazione e nell’invecchiamento della popolazione. In Oltrepò questa fragilità si presenta in forma molto più acuta. Se la densità dell’Appenino è in media poco più della metà di quella nazionale, quella dell’Appennino lombardo in Oltrepò scende addirittura a 1/8. La presenza degli anziani in Oltrepò è doppia della media appenninica. Le dinamiche naturali aprono vuoti che non possono essere compensati dal saldo positivo del movimento migratorio degli stranieri, che si è ridotto nell’ultimo decennio, o da quello degli italiani che è tornato positivo nell’ultimo anno ed è particolarmente forte nell’Oltrepò. Meno che altrove qui ha inciso la mortalità differenziale determinata dalla pandemia che in Appennino è del 30% inferiore alla media nazionale. Nella montagna dell’Oltrepò lombardo essa è del 30% inferiore alla media dell’Appennino Settentrionale. La struttura della popolazione è fortemente condizionata da queste dinamiche: gli anziani sono 5 volte più numerosi dei giovani (2,5 volte nell’Appennino) costituendo ormai il 40% della popolazione totale. L’invecchiamento è di norma legato alla prevalenza di genere femminile ma stranamente non è così per l’Oltrepò dove le donne sono poco meno della metà. Il livello di istruzione è relativamente buono e per l’Appennino settentrionale è allineato alla media nazionale, mentre registra in Oltrepò una sotto rappresentazione dei laureati, più forte per gli italiani che per gli stranieri (a differenza che nel resto del Paese), in buona parte determinata dal basso livello di scolarizzazione terziaria delle femmine “native” compensata però tendenzialmente da una maggiore prevalenza delle donne nei flussi attuali di iscrizione). L’elevato invecchiamento – cioè la bassa presenza di minori - determina una maggiore presenza di percipienti redditi (89% contro l’84% dell’Appennino e una media nazionale del 78%) che hanno però redditi pro-capite più bassi dell’appenino settentrionale che li ha invece un poco più alti della media italiana. L’importanza delle rendite pensionistiche spiega una maggiore stabilità nel tempo del reddito disponibile.

L’Appennino lombardo è dunque un poco più povero ma sicuramente meno diseguale: l’indice di Gini che misura la disuguaglianza (che è tanto più elevata spostandosi i valori da 0 a 1) vale 0,379 in Oltrepò, 0,411 in Appenino settentrionale contro un valore medio di 0,434 in Italia. La spesa sociale per abitante è elevata ed è concentrata quasi esclusivamente per gli anziani. Vale infatti l’85% del totale contro valori inferiori al 30% in Appennino e al 25% in Italia. Specularmente, la partecipazione alle forze di lavoro che per l’Appennino settentrionale è allineata alla media nazionale, è più bassa: nonostante tassi di disoccupazione più contenuti il peso degli occupati sulla popolazione è modesto; molto modesto per le donne.

Nonostante le fragilità, l’Appennino rappresenta una parte importante del tessuto produttivo nazionale: da sempre è terra di produzione e di saperi. Dalle imprese appenniniche viene prodotto il 13% del valore aggiunto nazionale: 193,4 miliardi di euro. Una fitta presenza di localizzazioni con 17 Unità locali per 100 abitanti contro le 12 dell’Appennino e le 11 della media nazionale, genera però una occupazione più modesta e che si presenta ancora in diminuzione nel 2021 quando cresce invece in Appennino e in Italia in pari misura. Le imprese sono piccole e soprattutto piccolissime (i 2/3 di un solo addetto in appennino e in Italia solo il 56%) il 70% degli occupati lo è in imprese con meno di 10 addetti (il 50% per l’Appennino e il 40% in Italia. Piccolissime imprese sono dominanti in agricoltura, nelle costruzioni e nel commercio. Le società di capitale rappresentano una presenza modesta ma capace di prestazioni significative nei settori di specializzazione: agricoltura e costruzioni. Basso è però in Oltrepò il grado di innovazione e il livello di internazionalizzazione che per l’Appennino settentrionale è invece maggiore della media nazionale. Anche tra gli imprenditori (come tra gli occupati) le donne rappresentano una percentuale superiore ai benchmark di riferimento mentre gli imprenditori anziani rappresentano una quota sensibilmente più contenuta. Il valore aggiunto per abitante, che nell’Appenino settentrionale è addirittura maggiore della media nazionale presenta valori più contenuti nell’Oltrepò dove è inferiore di 1/5.

Il territorio appenninico lombardo ha affrontato meglio la crisi rispetto all’Appenino nel suo complesso. Una flessione più ridotta nel 2020 e una ripresa più sostenuta nel 2021 (tendenza che non sembra però sarà confermata nel 2022). L’attività turistica, pur con un’offerta di posti letto per 100 abitanti decisamente maggiore dell’Appenino settentrionale (dove è addirittura di poco inferiore alla media nazionale) e con una incidenza sull’economia complessiva importante (10,4% degli occupati contro il 7,1% dell’Appenino settentrionale e il 6,1% dell’Italia), è tuttavia particolarmente fragile. Lo è per composizione strutturale (prevalgono gli agriturismi), ma soprattutto lo è per il contenuto movimento dei fruitori: nonostante un’offerta di tre volte superiore alla media di Appennino e Italia, intensità di fruizione è infatti decisamente inferiore e l’occupazione raggiunge appena il 13% (Appennino 50%; Italia 55%).