FONDAZIONE CARIPLO - page 24

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Alla diffusione del virus, lamentano i portavoce dei servizi sanitari, contribuisce anche, indubbiamente, la
mutilazione degli organi genitali femminili, praticata dalle anziane madri sulle figlie con lame di vecchi rasoi non
sterilizzati. Ma il guaio peggiore, avverte chi indaga a fondo nei costumi e nelle abitudini della popolazione, è
l’assuefazione all’arcaica filosofia maschilista ridotta in pillole per cui “se la donna non ci sta, l’uomo la prende con
la forza” e per cui il vecchio più rimbambito “si sente autorizzato ad allungare le mani (gli artigli) sulle adolescenti”.
Per loro la violenza carnale non è mai stata un reato. E torna, ancora una volta, il problema della condizione
femminile in Malawi.
Nell’ambito strettamente domestico, a volte l’atmosfera è idilliaca, come ho potuto constatare a Chakhutamadzi,
un villaggio a un paio d’ore di macchina dalla capitale attraverso un paesaggio agreste dei più dolci, piante di
mango e campi di tabacco. Vi incontro una coppia di mezza età: lui, Chakanika, ha 51 anni; lei, Leginati Chimsolo,
48. Dal 2005, ambedue vittime rassegnate dell’AIDS. Poco lontano, a Dowa, c’è una clinica specializzata che si
prende cura di loro. Non c’è bisogno dell’interprete, non parlano, dispensano soltanto sorrisi.
In altre piccole abitazioni, il clima è meno sereno. Eccoci al cospetto della signora Mary, che si vanta (giustamente)
di essere riuscita a distogliere il marito dalle sbronze quotidiane, mentre la sua vicina Joyce ha cacciato di casa
il proprio uomo perchè la tradiva con altre donne. Faccio visita anche Chimaloizeni, lui pure malato, 37 anni, che
ogni giorno si avvia al cimitero per salutare un paio di compaesani che “lì stanno bene e sono al sicuro”.
Ma questa carrellata fra i disagi, le sofferenze e le ribellioni delle donne malawiane non poteva terminare che con
Dorothy Nyasulu, attivista fortemente impegnata, in campo sociale e umanitario, sul territorio del paese.
Dorothy, che prima faceva l’infermiera, ora per le donne del Malawi è diventata la voce, che traduce nei dialetti
locali le affermazioni fatte dal Governo sui programmi di emancipazione femminile.
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